di Enrico Bartoccioni, dottore commercialista
(immagine: Seoul, South Korea: Exterior court at Seosomun shrine art museum gallery).
In materia di tassazione del collezionista e del venditore occasionale di opere d’arte, se l’inquadramento fiscale del gallerista, del commerciante filatelico o numismatico, generalmente, non fa sorgere dubbi di sorta, più complesso é invece distinguere chi esercita l’attività di collezionista da colui che si dedica alla speculazione occasionale, facendo sorgere su quest’ultimo, un reddito imponibile dalle sue operazioni.
Le tre figure identificate dal fisco: il mercante d’arte, il collezionista e il venditore occasionale.
Il mercante d’arte é una figura perfettamente inquadrabile nel dettato dell’art.2195 del Codice Civile. La sua, é un’attività intermediaria nella circolazione dei beni, dotata di specifiche strutture ed esercitata con operazioni regolari, sistematiche e ripetitive. Pertanto ha l’obbligo di iscrizione al registro delle imprese e di aprire una posizione all’INPS e all’INAIL. Quest’ultima in presenza di dipendenti o di esercizio non individuale. Il reddito generato dalla sua attività, rientra nella tipologia di “impresa”, tassato per competenza e ricompreso all’art.55 del TUIR.
Il collezionista é invece colui che ha come scopo, quello di soddisfare un suo bisogno personale, ovvero di incrementare una collezione a cui conferisce un valore affettivo o comunque trascendente il mero aspetto economico. Anch’esso può mettere in atto una serie di operazioni di compra-vendita, ripetute nel tempo, di modico o notevole valore. Sono assenti, nel suo fare, l’organizzazione e l’intento speculativo. Le acquisizioni, le cessioni o gli “scambi”, sono tutti rivolti all’incremento della sua collezzione. Questa attività, non fa sorgere reddito imponibile per il fisco.
Il collezionista non ha obblighi fiscali, se non quello, qualora fosse residente in Italia, ma detenesse collezioni all’estero, di compilare il quadro RW del Modello Unico nel quale, come riportano le istruzioni: “a titolo esemplificativo, devono essere indicati … gli oggetti preziosi e le opere d’arte che si trovano fuori del territorio dello stato,…..”.
A differenza del commerciante, a delineare questa figura non é la legge, ma la giurisprudenza, che ribadisce come l’assenza della creazione di un circuito commerciale, di collaboratori e di altri mezzi, nonché la constatazione, nei casi concreti, della mancanza di una volontà speculativa, consentono di definire questa attività come non produttiva di redditi imponibili. (Sentenza del 18/09/2018 n. 1412 – Comm. Trib. Reg. per il Piemonte Sezione/Collegio 3).
Il venditore occasionale identifica una terza figura, che effettua speculazioni saltuarie, anch’essa non tipizzata dalla legge, se non in via residuale, dal momento che il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, richiama alcune casistiche in cui il suo agire produce una base imponibile ai fini della tassazione.
Ricordiamo che, ai sensi dell’art.67 del TUIR, la speculazione occasionale, non organizzata e non ripetuta nel tempo, (come invece si configura l’attività del commerciante), produce redditi diversi e non di impresa, i quali vengono tassati per cassa, ovvero nell’esercizio in cui sono percepiti. Il reddito tassabile, sarà la risultanza fra il corrispettivo di vendita e quanto sostenuto per l’acquisto. Sono inclusi tra i costi gli oneri di custodia, di manutenzione e quelli dovuti nel caso ci si rivolga ad una casa d’aste, incluse le perizie.
Sotto questo profilo, la cessione di opere d’arte o da collezione, da parte di un privato o di un ente non commerciale, aventi natura di semplice dismissione di patrimonio, possono dar adito a dubbi interpretativi sul fatto che i proventi derivanti da tali operazioni possano rientrare o meno in quest’ultima fattispecie e siano da sottoporre a tassazione.
Il collezionista d’arte e il venditore occasionale: due figure a confronto, dai contorni molto sfumati.
La situazione si fa ancor più intricata, dal momento che l’Agenzia delle Entrate, trovando difficoltà nel far ricadere l’attività dei collezionisti all’interno del reddito di impresa, a volte ricomprende nell’ambito dei redditi diversi (ex. art.67 del TUIR) le operazioni di cessione di collezzioni, assimilando le figure del “collezionista” a quella del “venditore occasionale”.
A fugare i dubbi, sull’argomento é intervenuta la Corte di Cassazione, (sez.V sent.n. 21776 del 20/10/2011), la quale ribadisce che, le principali caratteristiche che connotano l’attività commerciale non occasionale sono: a) La pluralità degli atti coordinati e diretti alla realizzazione del medesimo scopo. b) Una serie di atti intermedi volti ad incrementare il valore del bene in funzione di una successiva vendita. Inoltre, la suprema Corte, ribadisce come sia onere dei verificatori provare, nei fatti, l’intento speculativo dell’operazione, dal momento che la legge, in linea generale, non considera “tassabile” il semplice atto traslativo a titolo oneroso dei beni.
Recente giurisprudenza, evidenzia ulteriori elementi caratteristici e casistiche, che fanno differire una semplice dismissione di un bene non tassabile da un’operazione speculativa ricadente nell’art.67 del TUIR (Sentenza dell’11/06/2019 n.59 Comm.Trib.II Grado di Trento Sezione/Collegio I), (Comm.Trib. Reg. Torino, 18 Settembre 2018, n.1412):
a) Un lungo periodo intercorso tra l’acquisto dei beni oggetto della collezione e la loro dismissione in modo massiccio, non é assimilabile ad un’attività imprenditoriale. b) La mancanza di atti volti alla valorizzazione e commercializzazione dell’opera nel corso del periodo di possesso. c) L’eventuale esposizione dell’opera a mostre, non dà luogo ad un suo maggior valore fiscalmente imponibile, se l’aumento é dovuto alla notorietà dell’autore. d) L‘utilizzo dell’intermediazione di una casa d’asta non é di per se indice di un’attività speculativa. e) L’alienazione dei pezzi di una collezione posseduti da molto tempo, ai soli fini di arricchirla e variarla, non dà luogo ad un reddito imponibile. f) La dismissione dopo molto tempo della collezione, per necessità finanziarie o motivi ereditari, non dà luogo a redditi tassabili. g) La dedizione nel tempo alla creazione e al mantenimento della propria collezione e l’esperienza via via accumulata in materia artistica, non assimila questo alla ripetizione di atti di commercio tipica dell’esercente professionale di un attività imprenditoriale
In conclusione, in materia di tassazione del collezionista e del venditore occasionale, possiamo affermare che, l’emersione dei redditi diversi di cui all’art.67 del TUIR, e quindi l’individuazione di un venditore occasionale, piuttosto che di un collezionista, dovrà essere provata dagli uffici, caso per caso, documentando nei fatti, l’intento speculativo.
Opere d’arte e numismatica: é possibile adottare degli accorgimenti, al fine di evitare di trovarsi in spiacevoli rapporti con il fisco.
Va da sè che, sarebbe atto di buon senso, cercare di non trovarsi nelle situazioni spiacevoli sopra descritte. Pertanto é opportuno adottare appositi accorgimenti al momento dell’acquisto e della cessione degli oggetti da collezione. In particolare, in occasione di eredità, sono indispensabili apposite perizie, atte a documentare la natura, l’origine ed il valore dei beni ereditati. L’inventario notarile é fortemente consigliato.
In caso di cessioni occasionali a carattere speculativo, ricadenti nel disposto dell’art.67 del TUIR, ricordiamo che i costi, sono comunque riconosciuti dal fisco e la tassazione viene fatta sul margine netto. La necessità di munirsi delle relative note spese appare scontata.
Su queste ed altre problematiche, in materia di tassazione del collezionista e del venditore occasionale, i nostri professionisti forniscono assistenza completa, sotto il profilo legale e fiscale, anche in sede di contenzioso, incluse le perizie di valutazione e autenticità, in materia numismatica. Assistiamo altresì il cliente in occasione di partecipazione ad aste nazionali o internazionali.