Early morning in Amsterdam.
Per gli italiani che lavorano all’estero come dipendenti, mantenendo la residenza nel nostro paese, regolare le imposte può non essere così agevole e scontato come si pensa.
Come sappiamo, per le persone fisiche residenti, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.Lgs 917/86), individua come base imponibile tutti i redditi posseduti, al netto degli oneri deducibili, mentre per le non residenti, solo quelli prodotti nel territorio dello stato.
Fino al 1°gennaio 1998, tra le eccezioni figuravano “i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto”, che consentivano al lavoratore italiano emigrato all’estero, ma con residenza e famiglia in Italia, di farsi regolare le imposte dal suo datore di lavoro straniero, non obbligandolo ad ulteriori adempimenti. Art.3, c. 3, lett.c (ora abrogata), del D.Lgs 917/86.
Questo stato di grazia, é stato soppresso a seguito dell’introduzione dell’art.5 del Decreto Legislativo 2 settemble 1997 n.314, volto ad “armoizzare, razionalizzare e semplificare le disposizioni previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro”. Semplificazione comprensibile in linea teorica, ma molto meno dal punto di vista pratico, dal momento che in materia di tassazione, i-dipendenti-che-lavorano-all’estero, si vedono gravati di nuovi adempimenti.
Il reddito del lavoratore dipendente all’estero, sarà quindi rideterminato in Italia, sulla base delle retribuzioni convenzionali.
In linea generale la tassazione del reddito di lavoro dipendente prestato oltre frontiera, viene effettuata prima dal datore di lavoro straniero, che funge da sostituto d’imposta per il suo paese e, successivamente, ai sensi del comma 8-bis dell’art. 51 del Tuir, il lavoratore dovrà presentare il Modello Unico anche in Italia.
Nei fatti quest’ultimo, avrà l’onere di redigere una nuova dichiarazione, imputandovi un reddito “ricostruito” rispetto al ruolo che ricopre all’estero e determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Per l’anno 2021, si fa riferimento al decreto interministeriale del 23 marzo 2021 pubblicato sulla G.U. n. 86 del 7 aprile 2021.
Le imposte effettivamente pagate all’estero a titolo definitivo, sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta in Italia, fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo (Art.165 c.1 Tuir). In caso concorrano redditi prodotti in più Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato (Art.165 c.3 Tuir).
Ovviamente, la detrazione si calcolerà per il periodo a cui si riferisce il reddito prodotto all’estero, sempre che il pagamento sia avvenuto prima della presentazione del Modello Unico italiano. In caso di versamento successivo, si dovrà procedere a presentare una nuova dichiarazione (Art.165 c.4 e 7 Tuir) .
Se poi l’imposta versata all’estero risulterà maggiore di quella da versare in Italia, essa costituirà un credito di imposta, da riportare agli esercizi successivi fino all’ottavo, rispetto alla stessa tipologia di reddito (Art.165 c.6 Tuir) Per contro, la detrazione non spetta nel caso in cui il lavoratore abbia omesso di presentare la dichiarazione o abbia omesso di riportarvi i redditi prodotti all’estero (Art.165 c.8 Tuir).
Chi sono i lavoratori obbligati alla redazione della dichiarazione?
Ad essere obbligati al citato adempimento, saranno i lavoratori che hanno soggiornato oltre frontiera per più di 183 giorni durante l’anno, ma hanno la residenza in Italia o comunque individuano nel nostro paese il luogo in cui essi hanno stabilito la sede principale dei loro affari ed interessi, da intendersi non solo limitati alla sfera economica, ma anche familiare, sociale e morale.
Eccezione. A questa norma derogano gli stipendi per i quali, ai sensi delle varie convenzioni internazionali, é prevista una tassazione esclusiva nel nostro paese, situazione che può avere luogo solo in presenza di tre condizioni: a) il periodo di lavoro all’estero é inferiore ai 183 giorni annui; b) il datore di lavoro che paga le retribuzioni é residente in Italia; c) l’onere retributivo non é sostenuto da una stabile organizzazione nello stato estero in cui il dipendente ha prestato servizio.
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